L’accensione della spia del catalizzatore
Le normative europee e il rispetto dell’ambiente
L’attenzione che le normative europee più recenti pongono nei confronti del rispetto dell’ambiente, nell’industria automobilistica si è tradotta con diversi accorgimenti che consentono ai veicoli a motore di consumare di meno, e di conseguenza di inquinare in misura minore.
Tra le innovazioni, quelle di maggiore impatto sono probabilmente quelle che derivano dalle normative “Euro” e che dagli inizi degli anni 2000 caratterizzano classi di motori conseguentemente definite “Euro 1”, “Euro 2”, ecc., fino ad “Euro 6”: uno degli elementi che consente di fare una distinzione tra una classe e l’altra è il catalizzatore, ovvero un sistema di abbattimento delle emissioni.
Si tratta di quelle emissioni misurate come livello di PM10 nell’aria.
Il catalizzatore e la spia del catalizzatore
Il catalizzatore è solitamente collocato all’interno della marmitta e lo si individua facilmente, dato che si trova in corrispondenza di un rigonfiamento del collettore: una serie di paratie in palladio o in rodio e degli elementi ceramici scatenano, a contatto con il monossido di carbonio e gli ossidi di azoto (derivanti dal processo di combustione), delle reazioni chimiche. Sono proprio queste reazioni che neutralizzano, almeno in parte, gli elementi di scarto, trasformandoli in biossido di carbonio e nei gas azoto ed ossigeno. La marmitta, infine, li disperde nell’ambiente.
Sul quadro comandi è presente la spia del catalizzatore: di colore giallo ambrato è simboleggiata da una nuvola di gas di scarico che fuoriesce da una marmitta. Una sua accensione sta ad indicare un malfunzionamento del catalizzatore stesso. Su alcuni modelli di auto, la stessa anomalia è segnalata dal lampeggiare della spia motore (disegno schematico di un propulsore, sempre di colore giallo).
Il catalizzatore e il percorso urbano
Affinché il catalizzatore possa funzionare in condizioni ottimali, la temperatura di esercizio deve essere piuttosto elevata: i tecnici e gli ingegneri parlano di 400-450°C.
Il fatto è che da un lato la maggior concentrazione e quindi dispersione delle emissioni nocive è generata dall’auto durante i primi minuti di utilizzo, dall’altro una temperatura così elevata, come è facile immaginare, la si raggiunge solo dopo diversi km. Questo significa che un utilizzo prolungatamente breve del veicolo (ad esempio, tutti i giorni ma solo per fare 10 – 20 km in città, quindi a bassi regimi) provocherà un intasamento del catalizzatore e, secondariamente, l’accensione della spia relativa.
Un altro aspetto problematico su cui ragionare, e che oltre a sommarsi al primo ne può essere anche conseguenza diretta, è l’accumulo di polveri sulle pareti del catalizzatore. Una parte dei gas nocivi non viene purificata e va a depositarsi all’interno del catalizzatore, rendendone difficoltosa l’azione.
Se l’auto viene utilizzata, come nel primo caso citato, per brevi tratti e su di un percorso urbano, è più facile assistere a questo intasamento. Sarà sufficiente allora portare l’auto a regimi medio – alti (2.500 giri/min) per una trentina di km (si andrà in questo caso in autostrada o, in alternativa, in superstrada tenendo una marcia più bassa).
Questa procedura consentirà al proprietario dell’auto di effettuare una pulizia almeno parziale delle pareti, il che provocherà anche lo spegnimento della spia di segnalazione.
Cosa fare se la spia del catalizzatore rimane accesa?
Ma se quanto indicato sopra non dovesse bastare e il catalizzatore rimanesse ancora intasato, la soluzione sarà quella di portare l’auto in officina.
Qui, i meccanici provvederanno alla “rigenerazione” del catalizzatore.
Innanzitutto, porteranno “artificialmente” il motore ad un numero di giri elevati per il tempo necessario a liberare il catalizzatore.
Successivamente, con un software specifico, interverranno per individuare eventuali altre anomalie, correggerle e spegnere infine la spia del catalizzatore.
In molti esprimono dei dubbi sulla bontà di una normativa e di una tecnologia che, allo scopo di preservare l’ambiente dall’accumulo di PM10, obblighi i possessori di auto a percorrere diversi km ad alti regimi o, come extrema ratio, a far simulare la stessa procedura in officina: quindi, ad inquinare di più. Anche perché la rigenerazione, che sia fatta dall’automobilista o dal meccanico, trasforma le PM10 in PM1 o PM 2.5, particelle più pesanti e dunque più difficili da espellere dai polmoni.
Gli ingegneri delle case automobilistiche sono comunque all’opera per risolvere questi problemi tecnici e meccanici.