Come i produttori di pneumatici ecologici pensano all’ambiente
Attrito, consumi e rumorosità
L’attenzione all’ambiente nel mondo dell’automotive non passa più solo per lo sviluppo di motori meno inquinanti, nel rispetto delle norme Euro 6, ad esempio, o ancor di più per la creazione di motori ibridi o puramente elettrici.
C’è un’altra componente essenziale del veicolo che è oggetto di sempre maggiori attenzioni da parte dei costruttori: si tratta degli pneumatici ecologici. All’acquisto, l’etichetta aiuta a scegliere in base a tre parametri: emissione di CO2, rumorosità e spazio di frenata. Per ogni criterio, la scala va da A (il massimo delle prestazioni) a G. Al top di gamma, le emissioni di CO2 saranno inferiori o uguali a 120 grammi per km (e un risparmio fino al 7,5% di carburante) e l’inquinamento acustico sarà inferiore di almeno 3 decibel rispetto ai parametri europei.
I produttori di gomme sono sempre alla ricerca di soluzioni che rispettino l’ambiente, inquinando di meno in fase di realizzazione, di utilizzo e, possibilmente, di smaltimento.
Pneumatici: realizzazione e impiego
Quando infatti si parla di pneumatici ecologici la riflessione da fare non deve riguardare solo il materiale, ma anche il modo in cui la gomma “lavora” una volta che il veicolo è in movimento.
Ecco quindi che i dipartimenti Ricerca e Sviluppo di Bridgestone stanno valutando l’impiego di una pianta alternativa al caucciù, da cui estrarre la gomma naturale per comporre la mescola. Al momento quella ritenuta più adatta sembrerebbe essere la Guayule, un arbusto nativo del sud ovest degli Stati Uniti. Si cercano poi materiali alternativi alla gomma sintetica e al nerofumo, che siano biodegradabili al 100% e che siano realizzabili a partire dalle biomasse.
L’altro fronte su cui Bridgestone e gli altri stanno lavorando è poi quello della resistenza che lo pneumatico esercita durante la marcia del veicolo. Ovviamente, maggiore è la resistenza, maggiore sarà il grip, quindi la tenuta di strada e la sicurezza per chi si trova nell’auto; allo stesso tempo, però, a resistenza maggiore, si hanno consumi maggiori e quindi più inquinamento. La sfida dei costruttori sarà quindi quella di trovare una tecnologia che unisca sicurezza ed ecologia.
Come nel caso delle Ologic Technology di Bridgestone: un diametro più elevato e un battistrada più stretto dovrebbero garantire meno resistenza aerodinamica e meno resistenza al rotolamento e, di conseguenza, riduzione dei consumi e delle emissioni di CO2.
Pneumatici con i cereali
Se Bridgestone è alla ricerca di nuove piante da impiegare, altre case si indirizzano piuttosto sugli scarti di quelle maggiormente utilizzate nell’alimentazione moderna a livello mondiale: i cereali, il mais, ecc.
Michelin, assieme a due enti di ricerca – Axen e Ipfen – ha quindi sviluppato il progetto BioButterfly: l’obiettivo è quello di eliminare il butadiene e di sostituirlo con gli sfalci e le paglie di cereali e barbabietole.
Goodyear (in collaborazione con Novamont) invece punta sul mais, o meglio su un additivo derivato dall’amido di mais, con cui sostituire il nerofumo e la silice (estremamente inquinanti). Stando al progetto, i nuovi pneumatici, molto più leggeri, dovrebbero mantenere alte prestazioni in termini di sicurezza, riducendo però i consumi di carburante.
I tedeschi della Continental stanno, infine, studiando il modo di inserire nella mescola dei loro pneumatici ecologici il tarassaco.
L’ecologia degli impianti
Ma il rispetto per l’ambiente è un fenomeno di più ampia portata, che non riguarda solo i materiali utilizzati nella produzione degli pneumatici. Questo, almeno, è quello che pensano alla Yokohama, dove già nel 2006 è stato avviato un programma per una politica aziendale interamente eco sostenibile.
Ecco, quindi, che nel corso del 2017 l’azienda ha piantato mezzo milione di piante distribuite nei diversi siti di proprietà (siti produttivi, logistici e direzionali); ma non solo. Sono stati creati dei sistemi di alimentazione tramite pannelli solari in tutte le sedi dell’azienda e sono state predisposte delle metodiche di riciclo degli scarti.
L’impatto ambientale in questo modo è ridotto drasticamente. A questo, la casa di Tokyo aggiunge la sostituzione dei derivati del petrolio con il succo estratto dalla buccia degli agrumi (tecnologia Blue Earth).