L’assistenza al parcheggio: dal segnale sonoro alla vista a 360°
Auto sempre più delicate e più difficili da parcheggiare
Chi ha un’auto nuova, appena uscita dal concessionario, ne è ancora più consapevole: le dimensioni e la fragilità degli esterni dei veicoli rendono le manovre di parcheggio operazioni particolarmente delicate.
Oggigiorno infatti le auto maggiormente diffuse sono per lo più ingombranti, piene di angoli morti, possibilmente con paraurti in tinta e quindi più delicati di quelli in pesante plastica nera, montati su tutte le auto fino a qualche anno fa. Insomma, i paracolpi sembrano dei regali per i carrozzieri, più che un accortezza estetica per gli automobilisti!
L’inizio dell’assistenza al parcheggio e le prime telecamere
Oltre 20 anni fa, nel 1995, la Mercedes Classe S W 140 si era equipaggiata per prima di un dispositivo utile durante le operazioni di parcheggio: il sensore per il parcheggio, che suona in presenza di un ostacolo e che, all’avvicinarsi dell’ostacolo stesso (auto, muretto, palo della luce, ecc.) intensifica il “bip bip”, fino a riprodurre un suono continuo, a pochi cm dall’oggetto.
Nel corso di due decenni la tecnologia ha fatto passi da gigante, al punto che il sistema di aiuto al parcheggio è presente sulla maggior parte delle auto: su quelle di dimensioni più ridotte e più economiche si limita al segnale sonoro; nelle altre, intervengono una o più telecamere che consentono all’automobilista di visualizzare su di uno schermo, quello che succede dietro all’auto e, in alcuni casi, anche di lato.
La telecamera consente di verificare e tenere sotto controllo la situazione all’esterno del veicolo, anche in condizioni di visibilità scarsa o nulla. L’utilità di un simile sistema è ancora più evidente in caso di ostacoli mobili, non visualizzabili con gli specchietti retrovisori, in quanto di misura ridotta: possono essere cani e gatti, ma anche e soprattutto bambini a piedi o in bici.
L’auto parcheggia da sola
Poiché l’evoluzione tecnologica non conosce limiti, le auto più recenti sono equipaggiate di sistemi ancora più complessi: l’assistenza al parcheggio oggi è praticamente totale.
Il Park Assist è stato popolarizzato nel 2006 dalla Volkswagen, che l’aveva installato nella monovolume Touran. Oggi è proposto come optional dalla maggior parte dei costruttori. Ma come funziona?
Dopo che un posto libero sia stato individuato, indifferentemente a destra o a sinistra, il sistema, tramite dei segnali sonori o dei messaggi scritti, indica a chi sta al volante quando accelerare e quando frenare per inserirsi nel parcheggio. L’automobilista non ha bisogno di utilizzare le mani per sterzare, perché le ruote vengono girate direttamente dal Park Assist secondo una traiettoria ideale, individuata dal computer di bordo e dall’unità di comando.
I primi modelli di assistenza al parcheggio consentivano di collocare l’auto nei posti di più semplice accesso, come quelli definiti “a spina di pesce”. Oggi invece ogni tipo di parcheggio è possibile anche quello “a S” e il sistema si occupa anche di rimettere in careggiata l’auto.
I sistemi più evoluti
Questi sistemi sono coadiuvati ovviamente da una serie di telecamere poste attorno a tutta l’auto, che offrono una visibilità a 360°, utile sia al sistema di assistenza al parcheggio, sia al suo conduttore. In alcuni modelli di auto, le 4 telecamere presenti a bordo consentono una vista definita satellite a 360°, con immagini di risoluzione così elevata che si potrebbe quasi essere portati a guardare solo nello schermo e non dritti davanti a sé (ovviamente solo a velocità estremamente ridotte).
Il difetto, se così si può definire, è che il Park Assist necessita di uno spazio di almeno 60 cm più grande rispetto alla lunghezza dell’auto; per misure inferiori, dovrà essere ancora l’automobilista a farsi avanti.
A meno che non si acquisti la BMW Serie 7: la berlina della casa bavarese può essere parcheggiata in spazi estremamente ristretti e, cosa ancora più eccezionale, con l’aiuto di un telecomando non è nemmeno necessario che qualcuno sia a bordo.