Pneumatici usati a nuova vita: la ricostruzione e la rigenerazione
“L’auto che comodità”, canta Paolo Conte. Ma è certo un costo: benzina, tagliandi, assicurazione, ecc.
E quindi, non appena se ne presenti l’opportunità, l’automobilista attento cercherà di risparmiare. E se il risparmio può poi coincidere con un atteggiamento ecologico, ancora meglio. Questa opportunità è offerta dai pneumatici ricostruiti.
Di cosa si tratta? Quando il battistrada di un copertone si consuma completamente è possibile tramite un’operazione specifica eliminare qualsiasi residuo per ricostruire con del materiale completamente nuovo il battistrada, così com’era nel modello originale. Esiste poi la rigenerazione, che si può attuare sulle carcasse di pneumatici in cui il battistrada è consumato (ma ancora presente) e su cui viene applicato un nuovo strato di gomma.
In entrambi i casi i procedimenti sono sottoposti a norme precise che garantiscono la sicurezza del prodotto finito e quindi ne consentono l’utilizzo su qualsiasi mezzo.
Secondo i numeri forniti dalle associazioni di categoria, in Europa e negli Stati Uniti, i singoli veicoli commerciali montano mediamente il 50 % di pneumatici ricostruiti, mentre in alcuni paesi più virtuosi il dato sfiora anche il 70%: camion, furgoni, furgoncini, mezzi da lavoro e movimentazione terra fanno questa scelta, perché nettamente più economica rispetto all’acquisto di uno pneumatico nuovo e, al contempo, estremamente sicura.
Il procedimento di ricostruzione e di rigenerazione
La tecnologia a disposizione dei produttori di gomme, infatti, consente un’analisi profonda e attenta della carcassa da rigenerare o da ricostruire: il rilevatore di fori da chiodo, l’analizzatore scerografico di carcasse e l’NDI sono a supporto dell’operatore umano nella fase di valutazione. Poi si passa alla raspatura, che ha la funzione di rimuovere la parte usurata del battistrada, di sagomare la superficie e di correggere eventuali differenze nella circonferenza dello pneumatico. Ogni danno alla gomma viene eliminato e riparato, per ripristinare la forza originale della carcassa.
Prima di far aderire il nuovo battistrada e di vulcanizzare il prodotto finale, sullo pneumatico viene accuratamente ed efficacemente applicata la gomma sottostrato. Queste ultime due operazioni sono svolte grazie all’ausilio di macchine specifiche, mentre alla fine l’operatore umano conclude con un’ultima ispezione visiva e manuale.
Il vantaggio per l’ambiente
La ricostruzione degli pneumatici significa per l’Europa un risparmio di quasi 1.000.000 di tonnellate di petrolio, di 645.000 tonnellate di materie prime, per non parlare delle circa 700.000 tonnellate di pneumatici in meno da smaltire. E questo ogni anno.
Nell’ottenimento delle materie prime e durante la fase di produzione di uno pneumatico ricostruito, si utilizzano dai 70 ai 100 litri di petrolio in meno. Insomma, si risparmiano 4/5 di materia prima, si fa fronte a un consumo energetico pari al 30% rispetto a quello necessario alla produzione di uno pneumatico nuovo e, last but not least, il pneumatico vecchio non viene gettato in discarica, ma si prepara ad affrontare una seconda vita.
A questo proposito, se per un’automobile, gli pneumatici possono essere ricostruiti solo una volta, per i mezzi pesanti il numero di ricostruzioni sale a tre e per gli aerei addirittura a sette.
Come riconoscere il prodotto sicuro
Si è detto di come gli pneumatici ricostruiti siano sicuri e garantiti. Gomme rigenerate e ricostruite sono sottoposte agli stessi test di quelle nuove; in caso non superino i test, non possono essere messe in vendita.
Per accertarsi che il prodotto sia conforme a quanto stabilito dalla legge in vigore e per evitare che alcuni commercianti poco onesti provino a vendere gomme ricostruite come se fossero nuove, è utile conoscere un ultimo dettaglio.
Esiste un codice che consente di identificare gli pneumatici ricostruiti: si tratta della sigla alfanumerica “108 R” per i veicoli e “109 R” per i mezzi pesanti. Questo codice deve essere riportato sulla gomma. E deve essere accompagnato da una serie di altre informazioni.
Il numero di produzione della gomma, solitamente piuttosto lungo, si conclude con 4 cifre che indicano, rispettivamente la settimana e l’anno di ricostruzione: 1318, ad esempio, sta ad indicare la tredicesima settimana dell’anno 2018.
Infine, lo pneumatico deve riportare anche la sigla E, che indica un prodotto realizzato e dunque commercializzabile in Europa, seguita da un numero che indica il singolo Paese dell’Unione: per l’Italia il codice da individuare è “E2”.