Sanzioni all’estero: e se non pago?
Il principio del reciproco riconoscimento
Nei Paesi dell’UE, mediamente, ogni 100 auto in circolazione su strade e autostrade, 5 hanno una targa straniera. Ogni 100 auto multate, però, ben 15 sono immatricolate all’estero. E questa cifra sale addirittura a 25 in Francia.
Sarà forse per questo motivo, che il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato nel 2005 la decisione quadro 2005/214/GAI: questa stabilisce l’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle sanzioni pecuniarie.
Tre Paesi l’avevano proposta, all’origine: Regno Unito, Francia e Svezia, con lo scopo di arrivare ad un’effettiva equiparazione delle sanzioni comminate, e quindi prese, all’interno di uno qualsiasi degli Stati membri dell’Unione. Una volta raggiunto l’accordo, tra i diversi Paesi, sono stati identificati con precisione:
- Un meccanismo comune che consente di riscuotere le multe prese all’estero;
- Le autorità nazionali competenti per la riscossione;
- Le modalità di trasmissione e di notifica delle ammende.
Insomma, prendere una multa su una strada o autostrada in Italia o in uno qualsiasi degli altri Paesi dell’UE, non cambia nulla e quindi deve essere pagata. Per il nostro Paese, tutto ciò è entrato in vigore solo 11 anni dopo, ovvero dal 27 marzo 2016, giorno dell’entrata in vigore del decreto legislativo n° 37/2016 che ha recepito la direttiva europea.
Le notifiche e i ricorsi
La succitata decisione quadro stabilisce, tra le altre cose, che le notifiche delle multe prese all’estero dovranno essere inviate secondo le modalità in vigore nel Paese in cui l’infrazione viene commessa e quindi rilevata dalle forze di polizia preposte.
La legge stabilisce, inoltre, che i ricorsi andranno fatti secondo le regole previste nel Paese stesso da cui proviene la sanzione.
Cosa comporta questo?
Innanzitutto che, anche nel caso si riceva una notifica tramite posta ordinaria, e non raccomandata, si dovrà procedere a pagare la multa. In altri Paesi membri dell’UE diversi dall’Italia, infatti, le notifiche arrivano per posta normale e secondo questa modalità vengono inviate anche all’estero.
In secondo luogo, chi voglia presentare ricorso, dovrà farlo nella lingua del Paese che lo ha multato.
Il cross border
Insomma, dalla data del recepimento della decisione quadro, le multe prese all’estero vanno pagate. E conviene non dimenticarlo, né fare finta di niente.
I centri di riscossione degli altri paesi rischiano infatti di essere più solerti del nostro e chi non paga, anche se l’infrazione è stata commessa al di fuori dei confini nazionali, incorrerà in tutta la trafila burocratica amministrativa e giudiziaria, che può dunque giungere fino al pignoramento dei beni.
Tutto “merito” del cross border, un sistema che consente di realizzare un interscambio dei dati di immatricolazione dei veicoli e dei dati sulle violazioni delle norme del Codice della Strada in tutta l’Unione: eccesso di velocità, divieto di parcheggio, omissione dell’uso delle cinture o dell’utilizzo del casco.
Modalità di pagamento e conseguenze in caso di omissione
Se è complesso presentare ricorso presso un Paese diverso dall’Italia, lo è sicuramente molto meno pagare la multa.
Il verbale di contravvenzione che si riceverà a casa sarà provvisto di un QR Code. Sarà quindi sufficiente scaricare l’app Amendes.gouv e scansionare il codice. In alternativa, si può pagare con carta di credito o tramite bonifico bancario, seguendo le istruzioni indicate sul verbale.
Vi è, infine, un aspetto che potrebbe tranquillizzare gli automobilisti colti nell’atto di commettere un’infrazione in un Paese diverso dall’Italia: le multe prese all’estero non vanno ad incidere sul numero di punti della patente di guida.
Detto questo, però, le ammende vanno pagate ed ognuno dei 28 Paesi membri dell’UE si organizza per la riscossione in maniera diversa, dato che la legge quadro non ha fatto chiarezza sotto questo aspetto.
Se si decide di non pagare la sanzione notificata e si ritorna nello stesso Paese, le forze di polizia potrebbero intervenire con il sequestro del mezzo. In alternativa, potrebbero essere scomodate le autorità giudiziarie in sede civile o penale, come nel caso della Svizzera (che non fa però parte dell’UE e quindi non è soggetta alla legge quadro).